Non si fugge dal passato. Intervista esclusiva alla scrittrice Raffaella Lippolis
In occasione dell’uscita de La contessa di Vallepiana, edito da BookRoad, abbiamo il piacere di incontrare Raffaella Lippolis, autrice che ci porta nel cuore del Granducato di Toscana del XVIII secolo. Attraverso la figura di Elena Rondi di Vallepiana, una giovane donna dal carattere riservato ma con una mente aperta e curiosa, Lippolis ci guida in una storia che intreccia il fermento culturale dell’Illuminismo con le vicende storiche e personali di un’epoca complessa.
Tra amore, politica, letteratura e musica, il romanzo ci offre un viaggio emozionante e avvincente, ricco di sfumature. In questa intervista esclusiva, scopriremo i retroscena della creazione dei personaggi, le ispirazioni dietro la trama e l’importanza di un contesto storico accuratamente ricostruito.
La contessina Elena Rondi di Vallepiana è un personaggio affascinante e fuori dagli schemi per l’epoca in cui vive. Come è nata l’idea di creare una protagonista così diversa dalle donne del suo tempo?
Le nobildonne nubili del Settecento e di altre epoche storiche avevano un unico scopo nella vita: sposarsi con un buon partito. Infatti, l’educazione di una giovane donna di alto rango era finalizzata alla futura vita coniugale, non c’era spazio per altro.
Inoltre, un’ambizione diffusa delle famiglie facoltose era quella di trovare un pretendente con un titolo nobiliare più elevato: ad esempio, una giovane contessa poteva diventare marchesa o duchessa e aumentare il prestigio della sua famiglia d’origine grazie a questa elevazione nella gerarchia dei titoli.
La contessina Elena Rondi di Vallepiana è una giovane nobildonna introversa, molto legata agli affetti familiari e grande appassionata di letteratura. È diversa dalle donne della sua età e condizione proprio per il suo spiccato interesse per i libri, suoi fedeli compagni da quando era bambina. La sua indole solitaria è motivata dall’aver perso sua madre in tenera età. L’assenza di una figura materna e la sua introversione l’hanno condotta a rifugiarsi nelle pagine dei libri senza desiderare necessariamente una compagnia alternativa a suo padre e suo fratello maggiore. Anche dopo il debutto in società, Elena preferisce limitare la vita mondana alle cerchie ristrette che frequenta con la sua famiglia.
Ho deciso di rendere la protagonista così diversa anche perché è questa sua caratteristica a suscitare l’interesse del conte Ettore Lochesi di Colleverde. Ettore è un gentiluomo colto e ambito in società, che desidera scoprire cosa si cela dietro la natura silenziosa della protagonista.
L’Illuminismo gioca un ruolo importante nella vita di Elena. Quanto ha influito questa corrente culturale nello sviluppo della sua personalità e delle sue scelte nel romanzo?
Il fermento culturale dell’Illuminismo ha un ruolo rilevante sulla personalità e sulle azioni di Elena. Il pensiero illuminista promuove il ruolo centrale della ragione nella vita dell’individuo: lasciandosi guidare da questa luce, l’essere umano è in grado di comprendere la realtà basandosi sul sapere e sulla conoscenza, non su dogmi e superstizioni che lo condannano al buio.
Elena è una donna guidata dalla ragione, ha un approccio razionale alla vita che potrebbe farla apparire distaccata, perché preferisce analizzare e ponderare a lungo piuttosto che agire d’impulso.
I viaggi di suo fratello Andrea e i libri d’oltralpe da lui acquistati hanno influenzato le sue letture perché, oltre a dedicarsi a poemi, poesie e romanzi, Elena legge anche trattati di natura filosofica e politica, scoprendo il pensiero illuminista inglese e francese.
Ciò influisce sul suo carattere, alimenta la sua indole riflessiva che la induce a trascurare gli aspetti più emotivi della vita. E ovviamente tutto ciò ha delle conseguenze…
Il rapporto tra Elena e il conte Ettore Lochesi di Colleverde sembra partire da una forte attrazione, ma viene messo alla prova dagli eventi storici. Che tipo di evoluzione subiscono i loro sentimenti nel corso del libro?
I sentimenti di Elena ed Ettore si sviluppano in tempi diversi. Quest’ultimo è attratto sin da subito da lei e non esita a corteggiarla, scoprendo una profonda affinità malgrado i loro caratteri diversi. La sua passione evolve in un sentimento più maturo, fino a desiderare di proporsi. Elena non è sicura di ricambiare i suoi sentimenti. Sa di provare una certa attrazione per lui e di stimarlo, ma non si sente pronta. Saranno il tempo e la distanza a far maturare in lei la certezza di essere innamorata di Ettore. Eppure, potrebbe essere troppo tardi…
Ci sono dei parallelismi tra il fermento culturale e politico del Granducato di Toscana del 1771 e qualche evento storico che ti ha particolarmente ispirata per la trama?
Mi appassiona il Granducato di Toscana di Pietro Leopoldo I d’Asburgo-Lorena. Era un sovrano illuminato che introdusse una serie di riforme in Toscana per rendere il suo Stato moderno e all’avanguardia al pari delle potenze europee. Influenzato dalle idee illuministe di Cesare Beccaria espresse nell’opera Dei delitti e delle pene, nel 1786 Pietro Leopoldo riformò il codice penale con la Leopoldina con cui la Toscana divenne il primo Stato al mondo ad abolire formalmente la pena di morte.
Nel mio romanzo non si arriva a quella riforma, però emerge l’interesse di Ettore per l’opera di Beccaria che rievoca quello del Granduca.
Il contrasto tra la passione di Elena per la cultura e quella di Ettore per la politica e le imprese militari appare significativo. Come hai sviluppato questo dualismo tra i due personaggi principali?
Questo dualismo nasce dal rapporto dei due protagonisti con i rispettivi fratelli.
L’interesse di Ettore per le imprese militari è motivato dal fatto che Matteo, suo fratello minore, è tenente di fanteria. Ettore e Matteo hanno una visione opposta della vita militare che crea spesso accesi contrasti tra i due. La vita di Elena è scandita da interessi di tutt’altra natura. Anche lei ha un fratello, che però non ha alcun interesse per la politica e l’arte bellica. Al contrario, Andrea è un uomo di mondo che adora viaggiare. I viaggi di Andrea e i doni che porta con sé da altri territori, spesso stranieri, come libri e spartiti, alimentano la passione per la cultura che contraddistingue Elena.
Nel tuo romanzo si parla di politica e di cultura, ma anche di amore e sentimenti. Come hai bilanciato questi elementi senza farne prevalere uno sull’altro?
Per me era fondamentale creare un equilibrio tra questi aspetti.
In un romanzo di ambientazione storica in cui si narra una storia d’amore, spesso si punta a un pubblico femminile che desidera semplicemente la componente “rosa” inserita in un contesto storico che rimane un mero sfondo.
Io non volevo scrivere un classico “romance” in cui domina la storia d’amore. Anche se la realtà si mescola alla finzione, a partire dalle contee toscane e dai personaggi principali frutto d’invenzione, ho voluto calare le vicende narrate in un contesto storico reale e verosimile. Per questo ho approfondito i riferimenti culturali e politici dell’epoca, che del resto possono anche attrarre un pubblico maschile.
E poi il legame tra i due protagonisti nasce proprio dalla passione comune per la cultura, è un legame che si sviluppa sul piano intellettuale oltreché emotivo.
Cosa pensi che i lettori di oggi possano imparare o portare con sé dalla lettura de “La contessa di Vallepiana”?
Dopo aver letto “La contessa di Vallepiana”, vorrei che i lettori riuscissero a comprendere una verità che spesso dimentichiamo: non si può fuggire dal passato. Intendo il passato di ognuno, ma anche il passato in termini di Storia, che ha plasmato le nostre origini e le nostre radici.
Perché c’è un legame profondo tra il corso universale degli eventi e la vita di ogni singolo individuo, anche se appartiene a una classe privilegiata come i due protagonisti. Il corso degli eventi storici influisce su tutti noi, ma non dobbiamo subire la vita rendendola una mera esistenza: dobbiamo diventare i protagonisti della nostra vita.
La figura paterna di Elena è descritta come una presenza importante nella sua vita. Qual è il suo ruolo nello sviluppo della trama e nella crescita della protagonista?
Il conte Riccardo Rondi di Vallepiana è un gentiluomo magnanimo molto legato a sua figlia. La vedovanza lo ha reso un padre estremamente protettivo verso di lei, lasciando al primogenito Andrea maggiori libertà, essendo il futuro erede della contea.
Il conte Riccardo stima Ettore e sembra incoraggiare il sentimento che quest’ultimo nutre nei confronti di Elena. Ma quando le cose finiscono per precipitare, da un lato non esita a cercare di distogliere Elena dai suoi tormenti interiori, dall’altro non ostacola il suo spirito d’iniziativa e le sue speranze. Si mostra di grande supporto perché il suo obiettivo è la felicità di Elena.
Quanto spazio hai dedicato alla ricerca storica per rendere l’ambientazione del Granducato di Toscana del XVIII secolo il più accurata e realistica possibile?
La ricerca storica si è rivelata essenziale per fornire uno scenario realistico. Ho approfondito non solo gli usi e i costumi dell’epoca, ma anche le riforme introdotte nel Granducato di Toscana in quegli anni, come la soppressione delle corporazioni nel 1770 con cui il Granduca Pietro Leopoldo intendeva promuovere i traffici commerciali, la libera concorrenza e la libera circolazione delle merci.
Ho esplorato l’Archivio di Stato di Firenze che è accessibile grazie alla digitalizzazione dei documenti. Ad esempio, nel romanzo viene menzionato un documento richiesto da Pompeo Neri ai feudatari a cura del perito agrimensore che mi ha indotto ad analizzare la cartografia storica regionale.
Se dovessi scegliere un brano musicale o letterario che rappresenti l’essenza di Elena, quale sceglieresti e perché?
C’è una canzone in particolare che sembra dare voce all’interiorità di Elena, parole che non pronuncia mai a voce alta né osa ammettere a se stessa per molto tempo. Si tratta di Hymn for the missing dei Red.
Come brano letterario scelgo la citazione che ha ispirato questo romanzo: “Benché l’onda delle parole ci sovrasti sempre, le nostre profondità sono sempre silenti”. È del poeta libanese Khalil Gibran ed è una frase che riecheggia proprio alla fine di questa storia.
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