Intervista ad A. Parentela e M. Longo, autrici di “Un viaggio chiamato psicoterapia”
Disponibile in libreria e negli store digitali “Un viaggio chiamato psicoterapia” di Alessandra Parentela e Michela Longo, edito da CTL Editore Livorno. Come preannuncia il titolo, il libro parla di psicoterapia, e di una relazione tanto difficile quanto profonda, di quelle che tutti dovrebbero provare, ma che forse non tutti hanno la fortuna di sperimentare nella propria vita.
Un libro scorrevole, di facile lettura e adatto a tutti. Perché tutti dovrebbero interrogarsi su chi sono, per darsi l’opportunità di vivere l’unica vita che hanno nel miglior modo possibile. Abbiamo intervistato per voi le autrici.
“Un viaggio chiamato psicoterapia” è una storia di un percorso difficile, emozionante e a tratti ironico. Quando e perchè ha avuto inizio?
Questo libro trae la sua origine dalla relazione profonda ed unica tra terapeuta e paziente. L’idea del libro nasce in modo molto naturale perché rappresenta l’unione perfetta di due intenti complementari: da una parte l’obiettivo di Alessandra di scrivere un libro innovativo sulla psicoterapia, dall’altra il tentativo di una paziente tra le più difficili che lei abbia avuto di comprendere a fondo il percorso psicoterapeutico attraverso la scrittura di dettagliati resoconti di ogni seduta.
E un giorno ci siamo dette che avevamo tutti gli ingredienti per poter scrivere un libro insieme.
Il nostro obiettivo è di voler accostare le persone alla psicoterapia, addentrandole in un vero percorso in cui potersi immedesimare, sminuendo quell’alone di vergogna e mistero che ancora c’è dietro al bisogno di rivolgersi allo psicoterapeuta. Chi va dallo psicoterapeuta ha problemi come li hanno tutti. La differenza con chi non ci va è che chi inizia un percorso terapeutico si mette realmente in gioco e vuole iniziare a risolverli.
È un libro che parla di esistenza e si interroga sul senso della vita. Il messaggio più forte che vuole dare è come sia nelle relazioni umane che si trova la risoluzione di qualsiasi conflitto, perché è nella condivisione che si trova la felicità.
Quali sono le basi della relazione paziente-terapeuta?
Come tutte le relazioni umane, la relazione clinica è una relazione basata sulla fiducia poichè il paziente si affida al terapeuta per stare meglio. È una relazione “squilibrata”, dove una parte riceve e l’altra dà. Una relazione che non deve cadere nell’amicizia e che deve mantenersi all’interno dello studio anche se sottende un certo grado di vicinanza. Sta al terapeuta mantenere sempre quella distanza dal paziente che non toglie comunque importanza alla relazione terapeutica, caratterizzata da fiducia ed empatia.
Come è stato l’inizio del vostro viaggio?
Cito “All’inizio di questo percorso mi comportavo come una scolaretta che fa i suoi compiti, in attesa di avere gli esercizi giusti dal maestro. Ero davvero convinta che la terapia fosse un insieme di esercizi da attuare”, ma ben presto mi accorsi che non funzionava così. Le cose hanno iniziato a migliorare soltanto quando sono riuscita a fidarmi di Alessandra e si è creata una relazione terapeuta-paziente solida e basata sulla fiducia. La costruzione della relazione terapeuta-paziente è stata forse la parte più complicata della terapia. Io, Miki, non riuscivo davvero a fidarmi di Alessandra, che dal canto suo, ad un certo punto aveva quasi esaurito tutte le risorse e le tecniche a sua disposizione. Ma alla fine è riuscita a conquistare Miki e da quel momento la terapia ha iniziato a dare i suoi frutti.
Per concludere, con il mare è possibile superare il disagio psichico?
Il mare è stato il nostro collante perchè entrambe lo adoriamo. Il mare è un potente depressivo e calma l’ansia. È una medicina dell’anima. A contatto con il mare il nostro organismo rilascia sostanze chimiche come la dopamina, la serotonina e l’ossitocina. Ed è così che l’ultima parte del libro ci vede sedute di fronte al mare a parlare di esistenza e dei risultati raggiunti durante la psicoterapia.