Laura Cialè si racconta in occasione dell’uscita del suo nuovo romanzo “Il codice del violino”
Laura Cialè è nata e vive a Roma. Psicologa, ex Dirigente scolastica, ha scritto e pubblicato con le Edizioni Anicia i seguenti romanzi: Tutti i fiori del mio giardino (2016); Una donna in leasing (2017); Rondinella (2018); Il Cherubino (2019); La terra promessa, Amazon (2020). Pegaso è tornata. Racconti e scritti di Laura Cialè, 2020, Edizioni Anicia.
Precedentemente ha scritto e curato saggi di settore tecnico professionale, tra cui: Lo studente competente, Edizioni Anicia, Roma 2008; Cosa Sarò/Farò da grande, un percorso di conoscenza e di cittadinanza per alunni e genitori della scuola dell’obbligo, Edizioni Anicia, Roma 2009; I Care: integrare ‘integrazione. Accoglienza -integrazione -inclusione, Edizioni Anicia, Roma, 2010.
In questa intervista l’autrice ci racconta il suo ultimo libro “Il codice del violino”.
Qual è stato il momento in cui si è accorta di aver sviluppato la passione per la scrittura?
Ho sempre letto molto sin da bambina e quando ho imparato a scrivere senza alcun errore, invogliata dalla mia maestra ho iniziato ad amare la scrittura con la quale potevo esprimere idee e sentimenti. Oltretutto ero motivata anche a casa: nella mia famiglia la lettura era sempre al primo posto tanto che i miei genitori e i miei zii non mancavano mai, ad ogni occasione, di regalarmi libri, albi a fumetti e riviste di storia e di scienze naturali. Man mano la pedagogia familiare divenne una vera passione personale e anche l’interesse per la scrittura accrebbe, tant’è vero che già da ragazzina scrivevo articoli per il giornalino della scuola.
Per la mia formazione di psicologa dell’educazione e per la professione di dirigente scolastico, che definirei privilegiata sul piano delle relazioni interpersonali e istituzionali, ho avuto l’opportunità di frequentare moltissime persone di ogni età, di osservarne i comportamenti, le qualità e le specificità, i sentimenti e i modi di ragionare. Una conoscenza diretta che, assieme alla costante abitudine di approfondire tematiche specifiche legate alla professione, mi ha consentito di costruire un inventario di storie e personaggi che fossero da un lato oggetto di studio, dall’altro una miniera di situazioni reali a cui riferirmi sia nella produzione sia tecnico-professionale che letteraria.
Quale scrittore o libro ha influenzato il suo lavoro di autrice?
Riferirsi a un solo scrittore o a un solo libro mi sembra assurdo e limitativo e anche che un autore possa scrivere per meccanismo indotto come se si trattasse di ripetere un atto meccanico. Non faccio polemica ma vorrei sfatare l’idea che la scrittura sia un tecnicismo perché allora potremmo utilizzare AL e abbandonare il campo.
La scrittura è un processo che dura per tutto l’arco della vita così come la lettura che ne alimenta la motivazione e il gusto di farlo con un determinato stile. Un altro aspetto è rappresentato dal saper affrontare i contesti di vita, personali e altrui, con creatività e senso critico, una buona dose di osservazione unite allo studio e alla documentazione. Per quanto mi riguarda ho letto nel corso di lunghi anni, e continuo a leggere, moltissimi libri soprattutto di letteratura classica e moderna. Leggo di tutto: dalla storia all’attualità, dibattiti, analisi politiche, ricerche scientifiche, testi poetici e teatrali, saggi, articoli vari che non siano di gossip, rileggo i testi classici e le critiche letterarie e per quelli che non ho letto faccio ammenda e li vado a cercare. Leggo volentieri i libri di parecchi amici scrittori per positivi confronti e scambi reciproci, in particolare storici di cui sono appassionata.
Quale tecnica usa per scrivere? Prepara uno schema iniziale, prende appunti, oppure scrive d’istinto?
Ogni libro è un progetto che si intensifica con la ricerca e la documentazione. Tutto parte da un’ispirazione che trova spazio con l’intreccio di diverse situazioni e tra differenti personaggi protagonisti e coprotagonisti per dar forma a una complessità espressiva da ampliare e argomentare, soprattutto nel romanzo storico. Dallo schema iniziale passo alla stesura delle “schede biografiche” dei personaggi, che devono essere attinenti allo sfondo storico/temporale, avvalendomi della documentazione. Il processo però non è sempre lo stesso né legato alla medesima tecnica durante tutta la scrittura del testo; a volte sono gli stessi personaggi e le loro caratteristiche che determinano i colpi di scena della narrazione.
Occorre studiare molto perché scrivere un romanzo non si improvvisa: è obbligatorio cercare di cogliere il miglior punto di vista, lavorare sullo stile, che matura nel tempo, procedere a molte revisioni e avere il coraggio di buttare al cestino parti o pagine inutili. Non sempre ci si riesce: l’importante è essere critici con sé stessi, quindi affidarsi ad alcuni beta reader e al parere di un bravo editor, senza però mai rinnegare la propria produzione, al di là di qualsiasi moda commerciale.
È mai capitato anche a lei di avere il blocco dello scrittore?
Finora no, perlomeno rispetto alla narrativa perché considero la scrittura un piacere e non un compito. Mi è capitato, invece, durante l’esercizio della mia professione quando dovevo redigere atti o relazioni di carattere tecnico e consegnare entro una scadenza. A volte mi preoccupavano e mi inibivano per il loro effetto giuridico su persone e istituzioni. Però devo dire che in fondo sono sempre riuscita a superare il “vuoto del foglio bianco” immedesimandomi nelle situazioni e studiando.
Ora che la mia scrittura è senza vincoli mi ci dedico con intensità tanto che spesso non ho tempo per dare luce agli spunti e alle idee che mi vengono in mente nei momenti più impensati.
Com’è nato “Il codice del violino”? Era un romanzo a cui pensava da molto o è nato per caso?
Ho partecipato al concorso della IX edizione del Premio Nazionale Letteratura Contemporanea indetto dalla LCE, Laura Capone Editore che ha selezionato e pubblicato gratuitamente il mio romanzo storico.
Ci ho lavorato per due anni: prima a documentarmi, come doveroso, svolgendo ricerche anche attraverso la raccolta di testimonianze dirette. Per approfondire la documentazione ho impiegato circa un anno, non partendo ovviamente da una tabula rasa. Per ricostruire racconti orali, in prevalenza di familiari e amici, ho speso l’altro tempo necessario a collegarlo ai ricordi di chi mi aveva raccontato, sin da ragazza, le esperienze vissute durante la seconda guerra mondiale. Per scriverlo e revisionarlo con le continue ulteriori ricerche e verifiche storiche durante la stesura ho impiegato un altro anno. Per scegliere la copertina del libro poche esitazioni: il quadro dell’artista Antonio La Rosa, intitolato “Unione d’animi” rappresenta perfettamente l’essenza del libro.
Ma il cuore del progetto sono state sia l’spirazione che ha dato vita all’intreccio tra le vicende e le scelte di una donna anticonvenzionale del ‘900, sia il contesto storico in cui si svolge la narrazione. Man mano che approfondivo e collegavo i fatti storici alle testimonianze scrivevo già la narrazione.
Le dimensioni principali sono state determinate dal mettere in evidenza diversi fattori.
Il primo fattore è la possibilità che una donna vissuta nel periodo del regime fascista e dell’occupazione nazista riesca a compiere scelte e azioni straordinariamente differenti da quelle delle altre donne dell’epoca. Gisella Lia Sartori è una donna emancipata e priva di pregiudizi, tanto da mettere a repentaglio la sua vita e il suo eterno amore per Renè pur di svolgere la propria parte nel terribile secondo conflitto mondiale, affrontando con determinazione dolore e sofferenza.
Il secondo è la scrittura di un mio nuovo romanzo storico che mettesse in evidenza quanto le storie personali, verosimili e saldamente ancorate al contesto storiografico effettivo, possano generare riflessione per lasciare traccia nel vissuto di ciascuno di noi.
Il terzo, che un libro di questo genere fungesse da calamita per alimentare la memoria ormai disconosciuta del passato e la consapevolezza di coloro che, pur nell’oscurità reale o immaginaria, ci hanno accompagnato nel presente.
L’ultimo fattore è dato dal senso che può dare all’esistenza una chiave simbolica di lettura come quella musicale e, in questo caso, il suono di un violino che costituisce il legame indissolubile tra due amanti dispersi nel tempo, per i quali il codice di comunicazione è rappresentato dalle note e non solo, perchè il codice esiste veramente e lo si potrà scoprire nella narrazione.
Nuovi progetti per il futuro?
I progetti potrebbero essere molti se ne avrò la forza e le opportunità. Nel frattempo oltre a scrivere, sono impegnata da tre anni a svolgere “volontariato culturale” gratuito attraverso il social blog dell’associazione no profit “Ri-genera il pensiero”, di cui siamo fondatori mio marito ed io. Svolgiamo interviste e dirette in streaming, reading e presentazioni di tematiche collegate ai libri o all’arte con un gruppo di altrettanto volontari poeti, scrittori, giornalisti, saggisti e pittori per donare ai nostri followers gocce di cultura meta-moderna.
Quanto al prossimo lavoro, ho concluso da poco una raccolta di dieci novelle storiche che partono dalle leggende del primo re di Roma e percorrono il medioevo, l’epoca dei lumi, il rinascimento, il risorgimento e le due guerre mondiali, fino a proiettarsi nel futuro. Anche in quest’opera le protagoniste sono donne che si propongono alternando le voci femminili o di chi nella finzione narrativa parla al posto loro. Insomma, un’altra sfida.