Colpiscimi felicità. La felicità secondo Luca Bassanese
Che cos’è la felicità? Una domanda a cui spesso nessuno riesce a dare una risposta esauriente. C’è chi dice che la felicità si conosce quando si sta bene con se stessi, chi dice invece che è fare ciò che si vuole, ma sono tutti concordi nel considerare la felicità come un concetto astratto. Luca Bassanese invece la considera come qualcosa di concreto, che può colpire in pieno volto all’improvviso e proprio per questo Colpiscimi felicità, suo nuovo album, ha un titolo emblematico.
L’album, composto da 10 tracce, rimanda a elementi e sonorità del passato che richiamano gli anni 70, come vengono infatti nominati nella prima traccia dell’album e primo singolo, Gli anni 70 e io che ti amo.
È un pop solare e che ricerca quel buon umore e quella spensieratezza tipica di chi è stato colpito dalla felicità. Il secondo e terzo brano dell’album sono infatti perfetti per essere ballati d’estate con le loro influenze caraibiche; e se la prima reca con sé l’invito a cogliere e coltivare il meglio di se stessi senza troppe preoccupazioni perché la nostra felicità è determinata da quanto riusciamo ad essere sinceri e autentici, la seconda dà una felicità improvvisa seguendo la scia di un armonica che risuona leggera, perché a volte basta un niente per sentirsi uno anche se siamo in due.
Successivamente il messaggio cambia e soprattutto cambia il modo di esporre il messaggio perché stavolta Luca Bassanese si trova da solo ad esporre le sue idee su come si debba vivere per cercare di ottenere appunto la felicità.
In Datemi un orto c’è un desiderio di ritornare alle origini, lasciandosi alle spalle le nuove tecnologie odierne che ti rendono sempre connesso, ma che ti fanno perdere la bellezza di ogni attimo sfuggente, che non riesci a cogliere tuo malgrado perché troppo impegnato ad avere il naso fisso nello schermo; più precisamente in questo pezzo l’artista propone un ritorno alla terra, quasi come se facesse eco a quello che dicono anche i nostri nonni molto spesso.
In Siamo la pioggia, siamo il sole ritorna il motivo dell’estate e soprattutto del viaggio, è ricca di elementi evocativi, ritagli di vita che dipingono l’esistenza, cercando tra gli anfratti della quotidianità il senso dell’esistenza stessa che si nasconde tra le pieghe della vita, come una strana felicità dove il desiderio di sentirci vivi è così forte da catapultarci all’improvviso in un giorno di sole e pioggia, temporale estivo, orizzonte di luce caleidoscopica, arcobaleno.
Ritorna invece con L’extraterrestre e Canto sociale la tematica sociale e se in L’extraterrestre il cantautore veste i panni di chi non ha voce come un extraterrestre padrone di niente si infila in punta dei piedi le scarpe di chi ha lasciato tutto e tra il sogno e la ragione resta all’improvviso abbagliato da un sole che è lo stesso sole, sotto un cielo che è lo stesso cielo, Canto sociale è una ballata dedicata a tutti coloro che cercano nel quotidiano di dare un volto all’utopia, di chi nonostante tutto continua a cercare l’infinito negli occhi di un bambino.
Negli ultimi due pezzi infine ci si focalizza ancora di più sulla società attuale, Burocrazy contro la burocrazia che troppo spesso toglie ossigeno alla nostra vita sommergendoci di carte e codici, mentre Canzone del 29 giugno è un’intensa testimonianza attraverso musica e parole di una drammatica storia attuale da non dimenticare.
Ma la felicità non vende. Ciò che può sembrare un giudizio un po’ stroncatorio, in realtà vuole allontanarsi un attimo dall’album di Luca Bassanese, che resta in ogni caso un buon progetto da tenere in dovuta considerazione. La felicità non vende, perché semplicemente non esiste un concetto preciso di felicità. Tutti la vogliono, tutti la ricercano, ma in realtà nessuno sa cosa sia o per lo meno in cosa consiste. Ogni uomo che passa la propria vita alla ricerca della felicità vive con un animo inquieto, e già perché è inquieto non può trovare la felicità, non importa quanto si impegni. Ci troviamo dunque a parlare di un circolo vizioso da cui è difficile uscirne.
Forse basta accontentarsi di poco? Chissà, ma se bisogna accontentarsi allora che felicità è?