Come aprire una partita IVA (con i soldi di mammà)

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“Faccio cose, vedo gente.”
“Insomma, sei disoccupato.”
“Ma che hai capito? Scrivo per il mio blog, IO.”

Interno giorno, schermo del computer, Facebook, “Lavoro presso Me Stesso”. Facepalm.

Lo so, lo so. Vieni qui, fatti abbracciare. Povero cucciolo, succede a tutti. Anche a me capitava, le prime volte, poi ci fai quello che viene comunemente denominato callo. Io lo userei per menarli, il callo. Perché quando leggo certe cose lo stomaco mi si attorciglia, fa un giro fra le stelle ed i pianeti, vola e va e torna qui per dire “ti capisco” (se non hai capito la citazione informati). Insomma, ma di che stiamo parlando? Te lo spiego subito!

Qualche giorno prima della fine dell’anno, sulla mia bacheca di Facebook appare un post dal titolo Gli auguri del freelance a cura della redazione del Corriere della Sera. Leggendolo ho sorriso forte. Uno di quelli che non si ferma alla bocca ma arriva fino agli occhi. Sono stata una stipendiata, una lavoratrice a nero, una stagista, una studentessa, un’apprendista. In 30 anni ho vissuto tante vite (ndr. lavorative) ma nessuna è mai stata tanto intensa come quella della freelancer.

Cito:

“Siamo orgogliosi di noi per una volta, perché inventarsi un futuro in questi anni ci sono volute le palle.

Perché un giorno – come ha detto una delle mie amiche più geniali – il mondo sarà nostro.”

E qui ho riso (sempre forte, sempre bocca-cuore-occhi). Perché? Semplice, torno alla mente con la mia bacheca ed enuncio, leggendo ad alta voce:

  • ho appena pagato il commercialista (con allegata foto a Dubai, con costume)
  • mamma faccio il travel blogger (hai visto la mostra sotto casa, bravo/a)
  • il mio sito spakka (screenshoot di Google Analitycs con un tasso di abbandono della pagina del 90% e commenti spam “scopri il Viagra, fai felice tua suocera)
  • guarda che figo il mio ultimo outfit (sempre foto allegata con tanto di amico wc alle spalle, con Simona Ventura che si sbraccia come Jack in Lost);
  • oddio, ho un nuovo follower sulla pagina (scusa, ma non sei un social media manager?)
  • scambiamoci un like is the new black
  • faccio la diretta Facebook mentre vado a comprare il pane aka sono un influencer (Pierì, attento alle briciole…)

 

Insomma, tutti sono freelancer. Tutti hanno una partita IVA (aperta con i soldi di mammà). Tutti si innalzano a lancia libera come nel romanzo di Walter Scott, Ivanhoe. Samurai dell’era digitale. Ma le tasse del primo anno sai a quanto ammontano? Conosci il (sacro) importo dellIVA? Sai calcolare l’anticipo che devi allo Stato? Hai dimistichezza con il signor F24?

Molto di noi (sì, anche tu) non sanno fare altro che pensare “Apro un blog, sono un freelancer.” Non funziona proprio così: zizzinella is over (tradotto per chi non è napolanglofono: è finita la pacchia). Vuoi poterti lamentare di aver lavorato anche a Natale? Devi rischiare il culo, baby.

Apri una partita IVA!

 

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