La rivoluzione è cominciata. Intervista allo scrittore Leonardo Araneo
Avevamo ospitato Leonardo Araneo a Gennaio 2023 in occasione della pubblicazione del suo thriller distopico “Back home”, Bertoni Editore, lo ritroviamo oggi con grande piacere per parlare del suo nuovo lavoro “Nkondi”, Eclissi Editore, un eccezionale thriller a tinte horror.
Buongiorno Leonardo bentrovato.
Raccontaci in breve la trama del tuo romanzo e come è nata l’idea di “Nkondi”.
Ciao Federica grazie dell’ospitalità.
“Nkondi” racconta la storia di una classica famiglia patriarcale ricco borghese, i Pianello, riunita per festeggiare il settantesimo compleanno della matriarca Elena. I festeggiamenti, già di per sé non particolarmente sereni a causa delle invidie e delle rivalità esistenti tra i vari membri della famiglia, vengono interrotti da un gruppo di individui con indosso delle maschere tribali e armati di machete – che assediano la loro villa e paiono intenzionati a massacrare tutti senza alcuna pietà. In parallelo seguiamo Anna Mascagni, una vicequestore della Polizia che, a Roma, interroga un individuo che dice di chiamarsi Azrael e di essere il portavoce degli uomini mascherati.
Nel corso del loro confronto scopriremo le motivazioni dell’attacco e il progetto folle eppure terribilmente concreto che si cela dietro a quello che sta accadendo. L’idea è nata, come per ogni mio romanzo, dalla volontà di affrontare dei temi che mi sono particolarmente cari, in questo caso l’enorme disuguaglianza nella distribuzione delle ricchezze a livello globale, e la sempre più difficile convivenza tra i pochi ricchi sempre più ricchi e i moltissimi poveri sempre più poveri.
Il tutto inserito nella cornice di un racconto molto coinvolgente, capace non tanto di fornire rispose al lettore quanto di suscitare domande.
LEGGI L’INTERVISTA: BACK HOME
“Nkondi” è una lettura davvero forte e dura dal punto di vista emotivo: ciò che accade ai tanti personaggi crea delle ferite nel lettore molto profonde.
La sfumatura horror di questo thriller, la crudeltà dei personaggi ed anche il tuo stile narrativo così vivido – ma al contempo disturbante – lo rendono un romanzo di fortissimo impatto: quali le sensazioni che vuoi suscitare nel lettore e perché, e quali corde hai voluto toccare?
La mia idea era quella di gettare il lettore nel mezzo dell’azione, farlo sentire quanto più possibile vicino ai personaggi in modo da amplificare la sensazione di terrore e spaesamento che questi vivono. Volevo che i lettori subissero un vero e proprio shock, che è poi esattamente quello che Azrael e i suoi compagni vogliono produrre nella nostra società.
Un trauma che spinga necessariamente al cambiamento. In quest’ottica ho scelto quindi di narrare il tutto al presente, frammentando continuamente la prospettiva e focalizzando la narrazione di volta in volta su un personaggio diverso, nessuno dei quali ha mai il quadro completo di ciò che sta avvenendo.
“La rivoluzione è cominciata” è una frase pronunciata dal tuo personaggio Azrael – che non posso dimenticare.
Non potendo chiederti cosa intendesse dire Azrael (per non fare spoiler della trama), ti domando: cosa significa per te “fare una rivoluzione” oggi?
Viviamo in una società che presenta dei problemi strutturali capaci di minarne le stesse fondamenta e credo che, in futuro, saranno indispensabili dei bruschi correttivi per evitare la catastrofe. Insomma, per quanto ancora possiamo accettare che ci siano miliardi di individui che soffrono la fame e che vivono in condizioni igienico sanitarie disastrose mentre un gruppo di poche centinaia di persone detiene ricchezze inimmaginabili? Ecco, credo che per sanare questo stato di cose servirà un drastico mutamento culturale e civile, una rivoluzione appunto. Che mi auguro sarà pacifica.
Perché le richieste di Azrael, che potrebbero forse “fermare” la rivoluzione, appaiono alla nostra società così assurde ed inattuabili?
Perché ormai tutti vogliamo tutto e subito, e non accettiamo sacrifici né privazioni.
Pensiamo alla crisi climatica.
Tutti siamo consapevoli di essere sull’orlo di una catastrofe (negazionisti a parte, che non fanno testo) ma quando poi si vanno a proporre delle possibili soluzioni sembrano sempre e comunque troppo dolorose.
Troviamo gravoso perfino fare la raccolta differenziata o chiudere il rubinetto dell’acqua mentre ci laviamo i denti, figuriamoci se potremmo mai accettare pacificamente i drastici cambiamenti del nostro stile di vita che sarebbero necessari per cercare di risolvere davvero la situazione.
Insomma, chi è disposto a ridurre in maniera netta i propri consumi di carne, di pesce (il Sushi!), di vestiti (la Fast Fashion!) e di oggetti?
Chi è pronto ad accettare di viaggiare meno (i voli low cost!)? Come si convince la gente a smettere di considerare il mondo il proprio parco giochi privato?
Forse nessuno dei personaggi di “Nkondi” può definirsi totalmente innocente – e se è impossibile schierarsi dalla parte di Azrael ed il suo gruppo, pure non si può dire un granchè bene della famiglia Pianello.
Cosa ci stai dicendo della società di oggi?
Quale messaggio vuoi con questo romanzo inviare ai lettori?
No, nessuno dei personaggi del romanzo può dirsi davvero buono.
Ognuno di loro ha i propri lati oscuri e le proprie qualità e soprattutto agisce in base alle proprie motivazioni, che possono essere più o meno condivisibili ma che sono in ogni caso comprensibili e umane. I Pianello, a tutti gli effetti le vittime della situazione, sono però anche una bella congrega di gente meschina, invidiosa, gelosa e cattiva. Un microcosmo nel quale si riproducono in nuce tutti i problemi che caratterizzano la nostra società.
Da questo punto di vista credo che, in futuro, anche il nostro concetto di famiglia si dovrà evolvere, divenendo più fluido, più aperto, non circoscritto ad un gruppo di persone legate da vincoli di sangue ma allargato ad abbracciare una comunità basata su affinità elettive e sentimentali.
Insomma non credo sia un caso se tutti gli studi statistici indicano nella famiglia il terreno privilegiato dal quale germogliano i femminicidi, le violenze e l’alienazione sociale.
Mi piace sempre individuare una colonna sonora per ogni libro che leggo, e per il tuo “Nkondi” scelgo certamente “The Times They Are a-Changin” l’inno al cambiamento lanciato da Bob Dylan nel 1964.
Concordi sull’attualità del testo e del messaggio di questa canzone – pur a 60 anni di distanza?
Vuoi suggerirci tu altri pezzi che facciano da colonna sonora al tuo thriller?
“The Times They Are a-Changin“ annunciava una rivoluzione che purtroppo non si è ancora realizzata ma che è ora più attuale e necessaria che mai. Se dovessi aggiungere qualche altra canzone direi “Zombie” dei The Cranberries, “Wake Up” dei Rage Against the Machine ma anche “La canzone del Maggio” di De André.
Andrea, quando pensa a Giulia, ascolta senza dubbio “Creep” dei Radiohead.
Nella tua formazione ci sono cinema e televisione in quanto oltre che scrittore tu sei sceneggiatore, regista ed aiuto regista.
Questa tua preparazione e l’esperienza che hai fatto negli anni traspaiono nelle ‘immagini’ di “Nkondi”: si può sperare in un futuro film o serie TV tratti dal tuo romanzo?
Purtroppo il cinema, in Italia, è ancora saldamente legato a una manciata di generi (la commedia, il dramma sociale, il thriller incentrato sulla criminalità) e, anche se negli ultimi anni si stanno tentando degli esperimenti in ambito horror o action, restano ancora delle sporadiche eccezioni. Se a questo poi aggiungiamo la crisi drammatica che sta vivendo il settore le probabilità si riducono drasticamente.
Ma mai dire mai.
“Back Home” – “Nkondi”: io trovo nei tuoi 2 romanzi delle similitudini per le tematiche che affronti.
Sbaglio? E se ce ne sono, vuoi parlarmene?
Sì, senza dubbio ci sono.
La motivazione che mi spinge a scrivere un romanzo è sempre data dalla volontà di affrontare un tema che mi è caro, non per dare lezioni di vita a qualcuno ma semplicemente per spingere il lettore a interrogarsi, a riflettere, senza dare le proprie posizioni per scontate o assodate.
In “Back Home” il tema centrale era quello del patriarcato, della mascolinità tossica, declinato nella storia di un padre che cerca di ritrovare la propria figlia rapita. In “Nkondi” invece, come dicevo prima, il tema centrale è quello della disparità nella distribuzione delle ricchezze, a cui si affianca quello dell’alienazione sociale soprattutto all’interno del ristretto ambito del nucleo familiare.
Siamo al termine della nostra piacevole chiacchierata, per la quale nuovamente ti ringrazio.
Ma prima di salutarti ti chiedo quali sono i tuoi progetti per il futuro.
Il progetto a cui in questo momento tengo di più è senza dubbio il mio prossimo romanzo, “La linea di confine”, che uscirà all’inizio del prossimo anno per Bertoni Editore.
È una storia completamente diversa dalle precedenti sia come stile che come genere, una sorta di romanzo di formazione che attraversa gli ultimi trent’anni del nostro Paese e nel quale, con un tono intimo e ironico, cerco di riflettere sui quarantenni di oggi, nati in analogico sognando un mondo senza muri e senza barriere, più equo e giusto per tutti, che si ritrovano adesso senza più coordinate, a comprare on line prodotti usa e getta fatti da chissà chi in chissà quale parte del mondo.
Volentieri lo leggeremo – quindi appuntamento fissato per una futura chiacchierata di approfondimento sul tuo nuovo lavoro.
A presto!