Il primo giorno di scuola: dubbi, certezze e speranze
Boom. Ci siamo. Dopo aver riposto salvagente e teli mare, è arrivato il tanto agognato bollettino delle nomine: finalmente possiamo dare un senso alla nostra vita, o più poeticamente, finalmente conosciamo il luogo dove le nostre sinapsi potenzieranno gli spike dendritici. Ma veniamo al bandolo della matassa: il tanto temuto primo giorno di scuola. Si, cari colleghi, lo so, vi starete mettendo già le mani sul viso con tanta angoscia, perché solo l’idea vi fa tremare: sappiate che siamo tutti sulla stessa barca. Il primo giorno di scuola è già di per sè, un evento traumatico: limite invalicabile tra piacere e dovere, tra i saldi di fine stagione e l’acquisto di diari, penne e matite, segna il punto di partenza sia per i nostri atleti che per gli allenatori.
Ma se per gli alunni è un’ ecatombe psicologica, per gli insegnanti diventa un momento di alta tensione, paragonabile forse, al primo appuntamento romantico:“Come sarà la classe che avrò? Riuscirò a piacergli? Mi vesto da prof giovanile o prendo le distanze? Mi ascolteranno o alzeranno gli occhi al cielo masticando gomme come al solito?”
Se questi sono gli interrogativi evidenti, quelli impliciti sono ancora più sottili: “Riuscirò a non essere lo zimbello di quella classe o dei colleghi? Sarò in grado di tenerli in sesta ora? Chissà come saranno i loro genitori…” Questi e altri dubbi amletici accompagnano sia i docenti curriculari che i colleghi di sostegno, per i quali invece, subentrano dei risvolti emotivi molto più forti, che ruotano intorno ad un unico pensiero: “riuscirò a farmi accettare da lui/lei e a costruire un rapporto che possa aiutarlo a camminare da solo e che non sia un surrogato della relazione genitore/figlio?” .
Se c’è una cosa che ho imparato nella mia breve esperienza è che l’obiettività di un insegnante non esiste. Si, cari genitori, non esiste. Perché ci affezioniamo a tutti. Perché tutti, anche quelli che fanno di tutto per farsi buttare fuori, quelli che ti rispondono male, quelli che ti alzano le spalle e se ne fregano, tutti diventano una parte di te, diventano pezzi del tuo cuore. E sono proprio loro, con tutte le loro ribellioni, che ti fanno capire che nella tua mente e nel tuo cuore, c’è spazio per tutti.
Non mi credete? Chiedetelo ai vostri figli, vi stupiranno!
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