Pensare bene aiuta a vivere meglio. Intervista allo scrittore Silvio Aparo
Com’è nata l’idea di questo libro?
Ho cominciato a riflettere sul concetto di “obliquità”. Dopo averne letto il significato sul dizionario, ovvero sinonimo di scorretto, sleale, non lineare mi sono chiesto come fosse stato possibile associarvi una connotazione negativa visto che il cuore è obliquo, la terra è obliqua, la diagonale nell’arte è obliqua e così tante altre manifestazioni della natura che ci permettono non solo di esistere, ma anche essere.
Potresti descrivere il percorso della sua stesura? Com’è stato?
Un percorso lungo, durato quasi due anni, passando di lettura in lettura fino a costruire un percorso riflessivo articolato, comprensibile ma rigoroso allo stesso tempo, come solo il ragionamento filosofico richiede.
Cosa ti dona scrivere?
Sento di riuscire a fare aderire le parole ai pensieri e di conseguenza mi il pensare bene mi aiuta a vivere meglio.
Cosa ti proponi di trasmettere ai tuoi lettori?
Mi piace pensare che i lettori possano seguirmi in un piccolo viaggio intellettuale tale da fornirgli una nuova prospettiva da cui guardare le medesime cose che ogni giorno ci passano davanti. Se riesco, anche solo per un momento, a stimolare la riflessione allora mi considero soddisfatto e felice.
In un mondo sempre alla ricerca della perfezione senza averla mai potuta raggiungere, il risultato sarà sempre quello di tradire le aspettative proprie e degli altri. Quale potrebbe essere il tuo consiglio per superare quest’impasse?
In effetti, per usare un gioco di parole, direi che ad inseguire la perfezione si rischia di restare fuori dal cerchio della natura e dunque dell’essenza di tutte le cose. Non esiste solamente la matematica a fondamento del ragionamento filosofico, esiste anche la biologia e tutto intorno a noi ci parla di una storia costruita sull’errore e sull’imperfezione.
“Obliquità” è un termine che ho imparato proprio leggendo questo libro, cosa che mi ha aperto un mondo di riflessioni. Mi sono venute alla mente alcune scoperte, tra le più geniali a volte, avvenute per errore o mentre si era alla metodica ricerca di altro. Quello che noi comunemente chiamiamo “errore” ha in sé una “capacità euristica”. Ci sono stati dei momenti della tua vita che hai vissuto proprio con questo spirito?
Hai proprio ragione quando parli di capacità euristica dell’errore! Questa costante tensione verso le certezze, verso il raggiungimento di obiettivi, votati alla unidirezionalità in qualche maniera è il substrato su cui poggiano le fondamenta del pensiero unico. Un approccio più intuitivo, quasi ipocondriaco, alla conoscenza risponde meglio alla trasversalità delle nostre connessioni neurali e dei processi mentali. Penso che l’ordine sia il risultato della somma di tanti momenti intuitivi, caotici e imprevedibili.
Quello che traspare fortemente in queste pagine è un amore sconfinato per la filosofia, nel senso più stretto del termine: amore per la conoscenza e soprattutto per la ricerca della profondità di ciò che ci circonda, quella profondità che crea sottili connessioni, a quel punto politica, filosofia, fisica e letteratura si completano e si confondono per fare vincere il libero pensiero, la riflessione, per elevarci e portarci a nuove consapevolezze. Come può tutto questo aiutarci in un mondo che ha chiaramente perso il suo “equilibrio”, la sua logica, alla luce anche dei fatti attuali degli ultimi due anni? Qual è il tuo pensiero in merito?
Non saprei dirti cosa resterà di questi due anni diversamente vissuti. So che ho cercato di farne tesoro e riflettere su nuovi concetti. Certo è che noi esseri umani facciamo sempre più fatica a comprendere il mondo. Viviamo nella stagione della disinformazione. Tutto è diventato vero e falso allo stesso momento. In uno scenario del genere resta solo la via del “bosco”, ovvero l’abbandono della civiltà verso l’isolamento nella natura. Un isolamento che però non deve sfociare nel nichilismo o nel pessimismo ma deve essere funzionale ad una sorta di disintossicazione da disinformazione e favorire occasionali incursioni positive nella società.
“Ma nonostante questi straordinari successi, il genere umano continua ad essere frammentato, e a non riuscire a comunicare adeguatamente”. Hai fatto della comunicazione scritta un mezzo per arrivare alle persone. Quale pensi che sia il più grande ostacolo ad una comunicazione migliore?
La qualità delle persone. Il mio non vuole essere un giudizio, ma l’auspicio verso una sorta di “realizzazione”. Dobbiamo ancora crescere tanto, e come genere umano dobbiamo impegnarci a diventare persone davvero migliori, evolute, visionarie e consapevoli.
Nel tuo libro scrivi: “Bisognerebbe prendersi cura dei propri sogni!”. Come ci consigli di farlo?
Non dimenticare di tenere a portata di mano un taccuino o un registratore e riportare i sogni. Solo così possiamo ricordarli e viverli, non freudianamente come la rappresentazione erotica del nostro io, bensì come la fortuna di affacciarci alla finestra di un altro mondo, con le sue regole, le sue leggi e la sua rete ti significati.
“Quando andiamo in bici, i piccoli movimenti disordinati esercitati sul manubrio ci permettono di restare in piedi, in equilibrio. L’ordine sarebbe la conseguenza di tanti piccoli disordini”. Ci sono stati dei momenti della tua vita in cui perdere l’ordine è stato fondamentale?
Sempre! Ogni giorno sono disorientato dall’Amore e aperto al caos. Attento ai segni del vivere, disponibile alla meraviglia e sconcertato dalla bellezza del mondo.
Ci sono progetti futuri?
Sto lavorando ad un nuovo saggio, e stavolta affondo mani e mente nel misterioso rapporto di “causa ed effetto” in cui siamo costantemente e necessariamente immersi. L’unica via che si apre per fuggire verso la comprensione è data dalla “predizione”, ovvero dalla capacità che abbiamo di anticipare gli eventi intorno a noi. Sarà una riflessione poetica e filosofica sulla prossimità. Altro non posso rivelare…