Linee di purezza, purezza di linee
“Ricordatevi che la linea non può esistere da sola; essa prevede sempre una compagna. Non dimenticate che la linea non esprime nulla: è solo in rapporto con un’altra che essa crea un volume. E le due vanno tracciate insieme. Ho sempre pensato che questo mezzo così semplice è paragonabile al violino col suo archetto; una superficie, uno scalpello, quattro corde tese e un ciuffo di crine”, scrive Henri Matisse.
Il poeta del colore del XX secolo, affascinato dai quadri tahitiani di Gauguin – che manifestano la sintesi di tratto e di colore sulla tela – e dai pittori Nabis, rivela la sua devozione per la l i n e a.
Quest’ultima fa capolino nella sua arte sin dagli esordi, assieme alla radiosità dei toni puri.
S e m p l i f i c a z i o n e è la parola d’ordine del pittore, il quale intende eliminare i dettagli che compromettono la purezza della linea e l’intensità emotiva. Le forme frutto delle sue linee godono di una forte presenza fisica, sebbene siano accennate appena.
Le mani di Matisse – puntando alla spiritualizzazione dell’oggetto, trasformando la sostanza delle cose in luce pura – compiono gesti decisi e lievi, veloci e delicati.
Maschere, nudi, arabeschi, ritratti e decorazioni vegetali partecipano al gioco della linea che, come pura pulsazione, è capace di dare corpo al vuoto, forma all’informe.
Basti pensare al m o n o t i p o, tecnica che consiste nell’inchiostrazione di una lastra di metallo sulla quale si disegna con una punta fino a rimuovere l’inchiostro. Applicando in seguito la lastra così preparata al foglio di carta si ottiene una stampa pressione. Matisse ottiene così il potere della luminosità di segni bianchi su fondi neri. A tal proposito si pensi al Nudo di Schiena, 1916, monotipo che mette in evidenza i tratti fondamentali di una posa di spalle. Poche linee per definire il calore di un corpo.
Bastava davvero poco al nostro Matisse: una linea, una parola. Due linee, una poesia.
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